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TRAINA COL VIVO – MANGIANZE A GALLA

Traina col vivo alle ricciole: indispensabile una corretta presentazione delle esche.
Ricciola sottobordo…

Quando a bordo di un fisherman si esce in mare per una giornata di traina col vivo, ci si può imbattere in situazioni impreviste. Benché si tratti di eventi poco noti, in alcune zone (particolarmente in Corsica e Sardegna) capita che interi branchi di ricciole, anche molto grosse, salgono in superficie per predare la minutaglia completamente a galla. Se si ha la fortuna di trovarsi nei paraggi, il fenomeno è chiarissimamente individuabile, in quanto enormi schiene squarciano la superficie e creando schiuma, salti, fughe e scompiglio evidentissimo. In questo caso, la traina col vivo con le nostre esche attaccate alle classiche lenze fortemente piombate, anche se mantenute in superficie, non porta quasi mai all’abboccata. Molto meglio portarsi il più vicino possibile alla zona di mangianza, ma senza disturbarla, senza assolutamente entrarci dentro o attraversarla, dimenticarsi la traina col vivo e spegnere il motore. Quindi lanciare lì in mezzo un’esca viva, un sugarello, uno sgombro, un’aguglia, o in mancanza di meglio un’occhiatina o quello che abbiamo a disposizione, attaccata a una lenza completamente libera: niente piombi e possibilmente nemmeno una girella.
Non sarà la classica traina col vivo, ma è il metodo che ha le maggiori possibilità di successo. Ovviamente la qualità, la vitalità dell’esca lanciata avranno la loro importanza, e sarà importantissimo un approccio silenzioso e un lancio accurato. Ma si sappia anche che, se le ricciole sono intente a riempirsi la pancia con centinaia di pesciolini piccolissimi, spesso sono acciughine oppure luccetti di mare o costardelle microscopiche, non sempre saranno attratte da una singola esca di dimensioni molto maggiori. Non sempre. Ma qualche volta sì. E allora l’attacco a galla su lenza libera è quanto di più emozionante possa sperare chi era uscito in mare per una tranquilla giornata di traina col vivo.

testo Andrea Lia
foto Riccardo Fanelli

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