
La pratica del rilascio del tonno, oltre che una buona abitudine etica, sta diventando una necessità se si desidera pescare quando la pesca è chiusa o dopo la prima preda trattenuta, quando ciò è permesso.
Potendo sfruttare al massimo le attrezzature a nostra disposizione, siamo in grado di recuperare un tonno di taglia medio-piccola, in brevissimo tempo, portandolo sotto bordo ancora vitale ed in grado di essere rilasciato in buona salute.
Per effettuare un rilascio con il minimo danno possibile al pesce, è necessario abbreviare quanto più possibile le fasi di recupero, ma soprattutto tirarlo con energia quando è a pochi metri sotto la barca. Per agevolare la risalita in superficie quando il pesce è in dirittura d’arrivo, si deve afferrare il terminale con le mani protette da guanti spessi e resistenti, e tirare lentamente il pesce. Quando giunge in superficie si deve cercare di levare l’amo con uno slamatore a pistola o altro similare, ma se si vede che l’operazione è lunga o difficile è preferibile tagliare la lenza vicino al nodo.
Per facilitare l’estrazione dell’amo si può afferrare il tonno per un opercolo, facendo però particolare attenzione a non toccare le branchie. Il tonno, se piccolo, quando viene liberato dall’amo se ne va tranquillamente e si riprende da solo: sono quindi da evitare gli strapazzamenti che i pescatori poco pratici effettuano tirando avanti e indietro il pesce a pelo d’acqua.
Insomma fishing catch and release, ma facciamolo al meglio. Proteggiamo, almeno noi, la nostra passione.
Non lo farà nessun altro…
testo e foto Riccardo Fanelli
Caro Fanelli, non si può non essere d’accordo con il release nei periodi vietati. Tuttavia ho due obiezioni: 10 tonnellate non garantiscono un tonno a testa all’anno alle circa 5000 licenze di pesca sportiva al tonno rilasciate. Un tonnellaggio ridicolo e non garantito tra l’altro. Ridicolo perchè il rispetto del giro di affari che quelle cinquemila licenze producono, in termini di spesa per le imbarcazioni, per l’attrezzatura alieutica, per la manutenzione dei mezzi, per i posti barca nei marina italiani (i più costosi del Mediterraneo), per l’acquisto delle esche, per il carburante generosamente consumato e per il gettito di entrate che tutto questo procura alle entrate statali , meriterebbero la garanzia di almeno un tonno da portare a casa a stagione. Non garantito, perché se i professionisti (che tra l’altro iniziano a pescare prima degli sportivi) sforano la loro quota, ebbene viene compensata con un taglio a quella degli sportivi, spesso riducendo la stagione di pesca con ritenuta del tonno preso a 15 soli giorni!
Ciao Francesco,
giusto per avvalorare quanto dici, dai un’occhiata a questo post (https://www.alcustom.it/pesca-sportiva-quote-2015-tonno-rosso) che in pratica sviluppa “matematicamente” il tuo ragionamento…
Caro Francesco, non c’è niente di più giusto di quanto sostieni, figurati se io avendo anche un negozio di pesca, non conosco l’indotto che ogni singolo pescatori di tonni porta allo stao…. Purtroppo i nostri diritti non sono tutelati da nessuno e le quote vengono assegnate dalla comunità in base alle esigenze delle lobby della pesca industriale del tonno. A noi poveri disgraziati che spendiamo migliaia di euro per andare a pesca, non resta altro che rilasciare e sperare di raccogliere l’elemosina di un aumento di quote
Riccardo