
Un tempo i pesci sciabola (Lepidopus caudatus) o “spatola” come viene anche chiamato in alcune zone del sud venivano pescati occasionalmente solo dai fisherman cultori del bolentino di fondale, soprattutto nella fase di recupero, quando gli sciabola aggredivano le prede rimaste allamate. Più spesso però accadeva che questi pesci, forniti di una serie di denti piccoli ma molto affilati riuscissero a recidere nettamente i terminali in nylon, con grande disappunto dei pescatori. Insomma era davvero un guaio incappare in un branco di questi predatori degli abissi. Poi è arrivato il vertical jigging e le cose si sono messe male per gli sciabola … questa volta le parti si erano decisamente invertite.
Infatti nonostante qualche taglio, operato per lo più sul terminale, gli sciabola poco potevano contro i grossi assist line utilizzati per collegare gli ami ai jigs metallici, in molti casi persino rinforzati con l’aggiunta di tubetti in plastica. Del resto sin dai primissimi tempi gli sciabola avevano dimostrato di essere irresistibilmente attratti dai movimenti fluttuanti ed ondeggianti di quei cosi metallici luccicanti che riuscivano a sfondare facilmente le profondità ed il buio degli abissi.
Peccato che il pesce sciabola non sia apprezzato gastronomicamente in egual misura al nord come al sud, dove lo troviamo assai comunemente nei mercati ittici rionali più antichi come la “Vucciria” a Palermo. Eppure è un pesce dalle carni ottime.
Pensate che in Giappone è considerato una delle prede tipiche del vertical jigging classico, alla stessa stregua di yellowtail, dogtoooth tuna, snapper e cernie, tanto da dedicargli delle canne specifiche oltre a jigging e montature adeguate.
Paese che vai…
Testo e foto di Alfio Elio Quattrocchi