
Calamaro, croce e delizia di tutti gli appassionati di traina col vivo.
Ognuno di noi può testimoniare direttamente delle levatacce notturne per procurarsi un numero adeguato di calamari e delle difficoltà che spesso si incontrano nel mantenerli in vita fino all’inizio della battuta di pesca.
Nella malaugurata ipotesi che aprendo il coperchio della nostra vasca dovessimo trovare morto proprio quell’unico calamaro procurato con così tanta fatica, possiamo ugualmente provare a innescarlo, adottando alcuni semplici accorgimenti.
Innanzitutto, il calamaro una volta morto tende a perdere la propria pigmentazione più in fretta rispetto agli altri cefalopodi e questo fenomeno di decolorazione, conseguenza della mancanza di attività dei cromatofori del mantello, aumenta col passare delle ore facendo apparire progressivamente il nostro calamaro di un colore sempre più tendente al bianco neutro.
Per questa ragione sarà indispensabile che la nostra esca abbia mantenuto almeno un minimo del proprio colore naturale.

Pur non avendolo mai sperimentato personalmente ho sentito anche dire che alcuni pescatori cospargono il mantello con una piccola quantità di ammoniaca che pare aiuti a restituire temporaneamente all’esca una colorazione molto simile a quella originaria.
Un secondo problema è rappresentato dal fatto che da morto il calamaro rilascerà spontaneamente i due tentacoli prensili, solitamente ritenuti all’interno dell’apparato branchiale, che si allungheranno a dismisura rispetto a quelli più piccoli denominati “braccia”. Per tale ragione la presentazione al predatore potrebbe risultare meno credibile sicché si renderà necessario tagliarli all’altezza degli altri.
Infine dovremo affrontare un ultimo problema rappresentato dalla perdita di assetto del calamaro durante la traina a causa dalla totale assenza di attività muscolare delle pinne laterali; ciò provoca un nuoto innaturale dell’esca che tenderà a ruotare su se stessa.

Per ovviare a questo inconveniente potremo utilizzare un piccolo piombo a oliva nel cui foro centrale inseriremo, incastrandolo, il gambo di un amo di dimensioni adeguate che verrà fissato all’interno della sacca nella parte inferiore del calamaro: ciò ci consentirà di correggere sensibilmente l’assetto di nuoto dell’esca morta rendendola più naturale.
A questo punto, potremo innescare in maniera tradizionale il calamaro morto che in presenza di predatori in attività rivelarsi un’esca altrettanto efficace rispetto a quello vivo.
testo e foto Massimo Canale